Cos’è l’AI Tradizionale e Come Funziona?
L’intelligenza artificiale tradizionale, anche conosciuta come AI discriminativa, ha rappresentato per decenni il cuore dell’innovazione tecnologica.
Questa tipologia di AI si basa su tecniche di deep learning e utilizza le reti neurali, strutture che simulano il comportamento dei neuroni del cervello umano.
Un neurone artificiale riceve input, li elabora attraverso una serie di pesi e, se la somma degli input ponderati supera una determinata soglia, emette un segnale di output.
Questa caratteristica introduce una fondamentale non linearità, essenziale per rappresentare la complessità dei processi di pensiero.
Il compito dell’AI discriminativa è principalmente quello di risolvere problemi di classificazione e regressione.
La classificazione implica la capacità di assegnare un’etichetta a un nuovo dato sulla base degli esempi con cui la rete è stata addestrata.
Se un dataset contiene immagini di animali, la rete può imparare a distinguere tra un cane, un gatto o un cavallo, fornendo risposte precise anche con input mai visti prima.
La regressione, invece, si concentra sulla previsione di valori numerici.
Se una rete è stata addestrata con dati relativi all’altezza di animali, sarà in grado di stimare l’altezza di un nuovo soggetto basandosi su caratteristiche simili.
Le reti neurali tradizionali traggono origine dagli studi di Warren McCulloch e Walter Pitts nel 1943. Questi pionieri crearono un modello matematico per simulare il funzionamento dei neuroni, ponendo le basi per le future reti neurali artificiali.
Oggi, l’uso di AI discriminative è diffuso in ambiti come la diagnostica medica, dove algoritmi di deep learning supportano il personale sanitario nella classificazione delle immagini radiologiche. Uno studio condotto dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha rilevato che l’uso di reti neurali per l’analisi delle immagini mediche può raggiungere un’accuratezza superiore al 90%, migliorando significativamente la diagnosi precoce di malattie come il cancro.
L'AI Generativa: La Nuova Frontiera della Creatività Computazionale
Negli ultimi anni, l'AI generativa ha conquistato l'attenzione globale grazie a strumenti come ChatGPT.
A differenza dell’AI discriminativa, l’AI generativa è in grado di creare nuovi contenuti partendo da input preesistenti.
Questo tipo di intelligenza si basa su architetture specifiche come gli autoencoder e i transformer.
Gli autoencoder, introdotti per la prima volta negli anni '80, sono reti neurali addestrate a riprodurre l’input in uscita.
Hanno comunque una peculiarità fondamentale: a metà della rete, vi è uno strato con meno neuroni rispetto ai dati iniziali.
Questa compressione forza la rete a imparare una rappresentazione compatta e significativa dell’input, che può poi essere decodificata per generare nuove uscite.
L’elemento innovativo risiede nel fatto che, se si inseriscono dati casuali nella seconda metà dell’autoencoder (il decoder), si ottengono contenuti originali e mai visti prima, come immagini di gattini inventati dalla rete.
La vera rivoluzione è arrivata con l’introduzione dei transformer, una struttura ideata dal team di Google Brain nel 2017 con il famoso paper "Attention is All You Need".
Questo modello utilizza un meccanismo di attenzione che permette di dare peso maggiore alle informazioni più rilevanti, eliminando il rumore.
Grazie a questa tecnologia, è stato possibile sviluppare modelli come GPT (Generative Pre-trained Transformer).
Questi modelli sono stati addestrati su miliardi di pagine web e possono prevedere la parola successiva in una sequenza di testo.
La capacità di ChatGPT, ad esempio, di generare risposte coerenti e simili a quelle umane si basa su un addestramento massiccio e su un uso intensivo della potenza computazionale.
Statisticamente, l'impatto della potenza di calcolo sulla qualità delle risposte è stato evidente. Uno studio condotto da OpenAI ha dimostrato che l’aumento della potenza di calcolo utilizzata per addestrare i modelli GPT ha portato a un miglioramento lineare delle loro capacità.
Nel 2018, GPT-1 utilizzava circa 345 milioni di parametri, mentre il modello più avanzato, GPT-3, ha raggiunto i 175 miliardi di parametri, permettendo una qualità di generazione di testo senza precedenti.
Questa scalabilità ha colto di sorpresa gli stessi ricercatori, che non si aspettavano un miglioramento così costante e significativo all'aumentare delle risorse.
Il Falso Problema della Scelta: L'AI è Già Parte del Futuro
Oggi, domandarsi se introdurre o meno l’AI nella nostra vita è una questione superata. L'intelligenza artificiale non è più una tecnologia opzionale; è parte integrante del mondo contemporaneo.
Come accadde con la rivoluzione industriale, la cui trasformazione avvenne nel corso di un secolo, l'AI sta cambiando il nostro panorama lavorativo in pochi anni.
Secondo uno studio del World Economic Forum, si stima che entro il 2025 circa 85 milioni di posti di lavoro saranno sostituiti dalle macchine, ma allo stesso tempo 97 milioni di nuovi posti saranno creati, evidenziando un netto spostamento verso nuove competenze.
Nel settore della programmazione, l’uso di strumenti come i co-pilot basati su AI sta diventando la norma nel 2024.
Questi strumenti permettono ai programmatori di produrre il triplo del codice rispetto al passato, migliorando l’efficienza e riducendo gli errori.
Ignorare queste tecnologie significherebbe rimanere indietro, in un contesto dove la competizione richiede l'adozione delle migliori pratiche disponibili.
Questa rapida trasformazione comporta sfide.
Il divario tra chi ha accesso alle tecnologie avanzate e chi ne è escluso potrebbe aumentare, compromettendo la mobilità sociale e creando una divisione tra “cittadini di serie A e cittadini di serie B”.
È quindi cruciale che i governi e i regolatori intervengano per garantire un accesso equo all’AI. Uno studio della McKinsey ha evidenziato che le aziende che investono in tecnologie AI tendono a ottenere una crescita dei profitti del 20-30% superiore rispetto ai competitor che non lo fanno. Questo suggerisce che l'accesso a queste tecnologie non solo è una questione di competitività, ma anche di equità sociale.
Nonostante i rischi, è importante ricordare che l’AI non sostituirà completamente l’essere umano. L’automazione è utile per i compiti ripetitivi e meccanici, ma le decisioni critiche e la valutazione finale rimarranno affidate all’uomo.
In medicina vediamo medici usare l’AI per ottenere diagnosi preliminari più rapide e accurate, ma la decisione ultima spetterà sempre a lui.
Secondo uno studio del Journal of the American Medical Association (JAMA), i medici che utilizzano l’AI per l'analisi dei dati medici migliorano la loro accuratezza diagnostica fino al 15% rispetto a quelli che non la utilizzano.
L’intelligenza artificiale non è più una tecnologia opzionale, ma una componente inevitabile della nostra evoluzione sociale e lavorativa.
È essenziale accettare questo cambiamento, adattarsi e garantire che l’accesso a queste tecnologie sia equo per tutti.