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ARGOMENTI

AUTOMAZIONE AZIENDALE: PERCHÉ L’AI FARÁ LA DIFFERENZA NEL TUO WORKFLOW


L’evoluzione dell’AI come opportunità per le imprese

Nel panorama tecnologico contemporaneo, l’Intelligenza Artificiale (AI) sta assumendo un ruolo sempre più centrale.

Non si tratta più soltanto di un insieme di strumenti avveniristici riservati a colossi informatici, ma di tecnologie ora alla portata di un pubblico ampio: startup, PMI, liberi professionisti e aziende di ogni settore.

Come team di Data Analyst specializzati in AI, abbiamo osservato che la vera rivoluzione consiste nel passaggio dall’AI intesa come “prodotto a sé stante” all’AI concepita come “funzionalità” (feature) integrata all’interno di servizi e applicazioni già esistenti.

Nei nostri studi recenti, in cui abbiamo analizzato diversi dibattiti online tra esperti del settore, è emersa con chiarezza la necessità di spiegare l’AI non solo in modo divulgativo, ma anche con un approccio tecnico-pratico, utile a chi deve investire risorse reali e adottare soluzioni concrete.

Il valore aggiunto di questa tecnologia risiede infatti nell’aumento di produttività, nella riduzione dei costi operativi e nella possibilità di aprire nuovi canali di comunicazione con i clienti.


Due punti di vista sinergici: aspetti divulgativi e tecnici

Si è recentemente discusso di come l’Intelligenza Artificiale rappresenti una svolta epocale.

Da una parte, è necessario tradurre concetti spesso complessi (ad esempio le reti neurali, l’apprendimento non supervisionato e l’architettura dei modelli linguistici) in un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

Dall’altra, è cruciale non banalizzare gli aspetti ingegneristici e comprendere che, dietro ai chatbot “magici” che rispondono in linguaggio naturale, si cela un’enorme mole di lavoro di integrazione con dati strutturati, documenti aziendali e procedure interne.


Questo duplice approccio risulta particolarmente interessante per chi desidera fare impresa:

  1. Evitare errori iniziali: se non si conosce il funzionamento di base dell’AI, c’è il rischio di impostare progetti su presupposti sbagliati (ad esempio, pensare che basti “lanciare” un chatbot generico e aspettarsi risultati miracolosi).

  2. Orientarsi tra le mille novità: dal lato divulgativo, occorre filtrare l’hype mediatico per capire quali tecnologie sono effettivamente mature e quali rischiano di rimanere sperimentali o troppo costose nel breve periodo.

  3. Puntare sui benefici reali: dall’ottimizzazione dei flussi di lavoro alla creazione di servizi personalizzati, l’AI consente di ridurre tempi e costi, liberando risorse umane per attività a più alto valore aggiunto.


La centralità dell’AI “verticale” e personalizzabile

Uno dei punti emersi con più forza è che il futuro dell’AI non ruota esclusivamente attorno alle mega-piattaforme generaliste (come i grandi chatbot di uso comune), bensì nella “verticalizzazione”.

In altri termini, le aziende inizieranno a creare soluzioni su misura, pensate per una specifica esigenza.

Un esempio tipico:

  • Un’azienda che vende abbonamenti a un servizio di consulenza può implementare un assistente virtuale capace di consultare una base di conoscenza interna (documenti, contratti, FAQ) e fornire risposte rapide e aggiornate ai clienti.

  • Un e-commerce specializzato in abbigliamento può dotarsi di un sistema AI che gestisce in automatico resi e cambi merce, interpretando correttamente le richieste dei consumatori grazie a memorie addestrate sui cataloghi di prodotto e sulle politiche commerciali.


Perché questa direzione è così importante? Perché “vestire” la tecnologia AI sulle esigenze specifiche di un brand o di un settore garantisce maggiore precisione, riduce le allucinazioni (risposte sbagliate o fuori contesto) e assicura una migliore user experience.


Verso l’AI modulare

Durante la nostra ricerca, abbiamo approfondito vari progetti open source che permettono di sviluppare AI personalizzate. Alcuni di questi framework presentano caratteristiche comuni:

(A) Struttura a plugin: analogamente ai CMS (Content Management System) del mondo web, i framework AI possono essere arricchiti con plugin, ciascuno dedicato a funzioni specifiche (es. collegamento a un CRM, consultazione di PDF, estrazione di informazioni temporali o analisi di email).
(B) Integrazione multi-modello: i framework più completi offrono la possibilità di collegarsi a diversi modelli di base (OpenAI, Anthropic, Meta, etc.) a seconda delle necessità, mantenendo un layer di astrazione che semplifica il passaggio da un fornitore all’altro.
(C) Gestione avanzata della memoria (RAG): la “Retrieval-Augmented Generation” consente di caricare documenti interni (trascrizioni video, contratti, articoli tecnici) e di farli richiamare selettivamente dal modello. Ciò garantisce risposte sempre allineate alle fonti approvate, limitando i rischi di errore.
(D) Modalità agenti: attraverso l’integrazione con API esterne (tool di analytics, piattaforme social, servizi di messaggistica, CRM), queste AI possono svolgere compiti pratici. Come ad esempio, processare e sintetizzare email o organizzare appuntamenti in autonomia.

È un approccio “semilavorato”: non un chatbot “chiavi in mano”, bensì un framework modulare personalizzabile.

Nella pratica, chi sviluppa la soluzione “impacchetta” il sistema con il brand e le logiche proprie di un’azienda, creando una vera e propria AI dedicata.


Chatbot e assistenti conversazionali come canale aggiuntivo

Le piattaforme conversazionali si stanno affermando come un ulteriore canale di relazione con l’utente finale, affiancandosi alle classiche interfacce web o app mobili.

Un chatbot ben addestrato può:

  1. Ridurre le richieste ripetitive al servizio clienti: le domande comuni trovano risposta automatica, liberando personale che può così gestire casi più complessi.

  2. Funzionare da interfaccia interna: non serve solo un chatbot pubblico sul sito, ma anche assistenti interni che supportino i dipendenti (ad esempio, un helpdesk AI per le procedure aziendali o un “motore di ricerca” interno ai documenti).

  3. Migliorare la user experience: l’utente interagisce scrivendo o parlando in linguaggio naturale, ottenendo risposte e azioni immediate (prenotazioni, richieste di assistenza, accesso a dati interni).


Fondamentalmente, parliamo di un nuovo modo di vedere i software: invece di cliccare tra menu e icone, l’operatore (o il consumatore) digita o pronuncia una domanda, e l’AI svolge operazioni o recupera informazioni, come fosse un “hub conversazionale”.


Riconfigurare l’AI: dal prototipo alla produzione

Un altro tema cruciale emerso nei confronti tra esperti è quello della “maturazione” dei prototipi AI.

In molte realtà, la prima fase di adozione dell’AI si limita a prove interne, per sperimentare il chatbot in ambito demo.

Tuttavia, quando si decide di rilasciare la soluzione in produzione, occorre:

  • Curare la sicurezza dei dati: dalle policy di privacy ai meccanismi di crittografia, soprattutto se si gestiscono dati sensibili (ad esempio, conversazioni con clienti su aspetti fiscali o sanitari).

  • Integrare i sistemi di logging e monitoraggio: monitorare costantemente la qualità delle risposte, gli eventuali errori o le richieste anomale ai modelli.

  • Definire workflow di escalation: se il chatbot non è certo della risposta o se la domanda è troppo complessa, deve passare la conversazione a un operatore umano.

  • Aggiornare la knowledge base: l’AI è tanto efficace quanto aggiornata. Occorre infatti predisporre procedure per rinnovare il set di documenti e per fine-tuning periodici.

Proprio quest’ultimo punto è spesso sottovalutato.

Un sistema AI ben costruito non può rimanere statico, perché la realtà aziendale evolve, i manuali cambiano, gli articoli di legge vengono aggiornati.

Mantenere “viva” la base di conoscenza è fondamentale per avere risposte attendibili e ridurre gli errori.


Il contesto globale: Stati Uniti, Cina e il ruolo europeo

Oggi, il mercato AI è in fermento su scala internazionale:

  • Stati Uniti: in vantaggio grazie a giganti come Microsoft, Google e OpenAI, in grado di investire in hardware e ricerca.

  • Cina: forte spinta all’open source e a modelli a basso costo, con investimenti statali imponenti che mirano a colmare il gap.

  • Europa: spesso più cauta, punta sulla regolamentazione (ad esempio, l’AI Act) e sulla tutela dei dati. Il rischio è rimanere indietro sugli aspetti infrastrutturali, ma si può giocare un ruolo di rilievo nelle soluzioni verticali, soprattutto in settori come manifattura, automotive, biomedicale.

Riteniamo che l’Europa possa emergere focalizzandosi sulla specializzazione e integrando l’AI in comparti dove esiste una tradizione industriale/tecnologica forte.

L’attenzione alle normative sulla privacy e l’etica può diventare un vantaggio competitivo, se gestita in modo equilibrato, senza risultare eccessivamente vincolante.


Perché l’AI diventerà (sempre più) una “feature”

Durante molte analisi e interviste, è chiaro che l’AI, per quanto rivoluzionaria, tende a trasformarsi in una funzionalità.

Se inizialmente la si vede come un prodotto a sé (es. un chatbot online famoso per le sue risposte “intelligenti”), la tendenza è integrarla in CRM, software di analytics, gestionali, piattaforme di e-commerce, applicazioni di project management, etc.

L’utente finale, nel giro di pochi anni, non dovrà più “spostarsi” da un’app all’altra (es. aprire il software X per chattare con l’AI) ma utilizzerà l’AI direttamente nelle interfacce già in uso.

Per gli imprenditori, questo scenario offre due opportunità:

  1. Offerta di servizi: sviluppare un modulo AI “chiavi in mano” da proporre come upgrade di soluzioni software esistenti.

  2. Competitività: aggiungere alla propria infrastruttura un “assistente conversazionale” interno, risparmiando costi di licenza o di abbonamento a servizi esterni, e differenziandosi sul mercato.


Vantaggi concreti per le imprese

Ecco alcuni benefici reali e misurabili dell’impiego dell’AI:

  • Riduzione dei costi operativi: un helpdesk automatizzato risolve una fetta importante di richieste ripetitive e standard, alleggerendo il carico sul personale.

  • Velocizzazione di analisi complesse: modelli “agenti” possono filtrare e riassumere enormi volumi di dati (email, fatture, contratti), restituendo informazioni sintetiche e puntuali.

  • Personalizzazione del marketing: l’AI può segmentare i clienti e creare campagne mirate, partendo da metriche di coinvolgimento e storico acquisti.

  • Accesso a insight strategici: grazie a potenti funzioni di interrogazione conversazionale, i manager possono chiedere al sistema analisi specifiche (“qual è il prodotto più venduto per fascia d’età?”) senza dover interfacciarsi con tabelle o dashboard complesse.

  • Sviluppo di nuovi modelli di business: la possibilità di “impacchettare” un’assistente AI brandizzato e integrarlo come feature in un proprio software può generare nuove linee di ricavo.


Come prepararsi a un’adozione efficace

Sulla base dei nostri studi e delle esperienze raccolte, suggeriamo una serie di passi utili per chi desidera integrare l’AI in azienda:

  1. Definire obiettivi chiari: individuare un problema concreto che l’AI deve risolvere (es. ridurre i tempi di risposta del customer care). L’implementazione fine a se stessa rischia di non portare risultati tangibili.

  2. Partire con un progetto pilota: meglio un proof-of-concept confinato, per misurare ROI e imparare gradualmente.

  3. Scegliere la giusta tecnologia: comprendere se affidarsi a un framework open source, a un servizio cloud mainstream oppure a modelli proprietari.

  4. Formare il personale: l’uso dell’AI non è sempre intuitivo; i dipendenti devono acquisire familiarità con le nuove interfacce, capendo quando e come “fidarsi” delle risposte generate.

  5. Tenere d’occhio sicurezza e privacy: integrare policy di protezione dei dati, monitorare gli accessi ai documenti, e assicurarsi che i contenuti sensibili non vengano divulgati attraverso query AI mal configurate.

  6. Aggiornare la base di conoscenza: se le informazioni fornite all’AI non sono aggiornate, il sistema fornirà risposte obsolete o incoerenti, danneggiando la credibilità dell’azienda.


L’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale procede a ritmi sempre più sostenuti, e il settore sta attirando un volume crescente di investimenti globali.


Secondo le maggiori testate giornalistiche e di finanza mondiale, la spesa complessiva in soluzioni di AI dovrebbe superare diverse centinaia di miliardi di dollari entro i prossimi tre-cinque anni, con un CAGR (Compound Annual Growth Rate) a doppia cifra.


Questa corsa agli investimenti non riguarda solo i big player tecnologici, ma anche fondi d’investimento e società di private equity, convinte che i sistemi di Machine Learning (ML) e Deep Learning (DL) possano garantire un ROI (Return on Investment) in tempi sempre più brevi.


Sul piano tecnico, le imprese più avanzate stanno puntando fortemente su infrastrutture HPC (High Performance Computing) e soluzioni di MLOps (Machine Learning Operations), capaci di ottimizzare l’intero ciclo di vita dei modelli: dal training iniziale alla messa in produzione, fino al costante monitoraggio e aggiornamento.


Parallelamente, si registra un crescente interesse per i cosiddetti vector databases, indispensabili per implementare in modo efficiente sistemi di embedding-based indexing, e per tecnologie di RAG (Retrieval-Augmented Generation), in grado di combinare la potenza dei modelli linguistici con la consultazione di dataset strutturati e documenti aziendali.


Nel medio termine, chi saprà integrare l’AI con strategie data-driven vedrà calare in maniera significativa il TCO (Total Cost of Ownership), rafforzando al contempo il proprio posizionamento competitivo. Le prospettive di crescita si estendono oltre l’area dei servizi: la manifattura smart, l’automazione industriale e la robotica stanno già sperimentando architetture ibride, in cui le reti neurali vengono aggiornate dinamicamente in base ai feedback di sensori IoT (Internet of Things).


In definitiva, i numeri previsti per il mercato dell’AI testimoniano una fiducia collettiva in soluzioni che, pur essendo ancora in evoluzione, mostrano un potenziale rivoluzionario.

L’approccio vincente, per istituzioni e aziende, sarà mantenere un equilibrio fra sperimentazione e pragmatismo, adottando best practice sia a livello tecnologico (HPC, MLOps, data orchestration) sia a livello organizzativo.

Così facendo, l’Intelligenza Artificiale continuerà a evolvere da semplice strumento di automazione a fattore strategico di trasformazione digitale.

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