Nel 2023, l'Agenzia delle Entrate continua ad applicare l'elenco dei paesi 'Black List' secondo il Decreto del 4 maggio 1999, ma esclusivamente per valutare il trasferimento di residenza all'estero delle persone fisiche.
Per le imprese, invece, la determinazione dei paesi non collaborativi si basa su un calcolo che confronta il tasso fiscale italiano con quello estero.
Inoltre, vi è l'elenco dei paesi non collaborativi emesso e aggiornato dalla Comunità Europea.
Negli ultimi anni, la normativa riguardante l'elenco dei Paesi 'Black List' è stata oggetto di numerosi cambiamenti.
Il legislatore italiano, in collaborazione con le direttive dell'Unione Europea, ha condotto una revisione significativa dell'elenco dei Paesi che applicano regimi fiscali privilegiati.
Grazie all'implementazione dello scambio automatico di informazioni tra diverse nazioni e alla stipula di trattati bilaterali per prevenire la doppia imposta, molti Paesi sono usciti dall'elenco 'Black List'.
Questo è il risultato degli sforzi congiunti dell'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nella lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale su scala internazionale.
È probabile che nei prossimi anni l'elenco dei Paesi con regimi fiscali privilegiati diventi purtroppo un ricordo del passato.
Di seguito forniamo un riepilogo degli elenchi dei Paesi non collaborativi ancora in vigore oggi (settembre 2023).
Che cosa sono i Paesi Black List o paradisi fiscali?
I Paesi 'Black List' o paradisi fiscali sono nazioni che adottano un regime fiscale privilegiato, caratterizzato principalmente da un basso o addirittura nullo, livello di tassazione.
Solitamente questi Paesi non hanno meccanismi di scambio di informazioni fiscali con gli organi di controllo di altre nazioni.
Di conseguenza, sono comunemente identificati come 'Paradisi Fiscali'.
Attualmente, in Italia, l'unico elenco dei Paesi 'Black List' in vigore è quello definito dal Decreto Ministeriale del 4 maggio 1999.
Questo elenco è utilizzato esclusivamente per stabilire la residenza fiscale effettiva dei cittadini italiani emigrati verso i Paesi indicati nell'elenco, come previsto dall'articolo 2, comma 2-bis del Testo Unico.
Tutte le altre liste di Paesi 'Black List' sono state sostituite da normative specifiche.
Black List ai fini della presunzione di residenza fiscale delle persone fisiche
La prima lista di Paesi 'Black List' ancora in vigore riguarda la "presunzione di residenza fiscale" per le persone fisiche ed è contenuta nel Decreto Ministeriale del 4 maggio 1999.
Questo decreto è stato emanato in ottemperanza all'articolo 2, comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917/86, il quale disciplina la residenza fiscale delle persone fisiche che si trasferiscono in Paesi elencati nella 'Black List'.
In particolare, l’articolo 2, comma 2, afferma che nel caso in cui un soggetto si trasferisca stabilmente in uno di questi Stati è a suo carico la prova che confuti la presunzione relativa di fittizia residenza estera.
Conformemente alla nostra normativa tributaria, chi si trasferisce in un Paese 'Black List' è tenuto a dimostrare che il suo trasferimento di residenza è reale e non finalizzato all'elusione fiscale.
Per le persone fisiche che vengono cancellate dall'anagrafe della popolazione residente in Italia e si iscrivono all'AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero) dopo il trasferimento in Paesi rientranti nella 'Black List', scatta la presunzione di residenza in Italia.
Questa presunzione può essere superata solo se il contribuente è in grado di fornire una prova concreta.
È fondamentale notare che questa prova di residenza deve essere specifica e dettagliata, in grado di convincere l'Amministrazione finanziaria che la residenza fiscale del contribuente è effettivamente all'estero.
Per questo motivo, è sempre consigliabile ottenere l'assistenza di un commercialista esperto.
Il Decreto Ministeriale del 4 maggio 1999 è stato oggetto di numerose modifiche nel corso degli anni. In particolare, il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze datato 12 febbraio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2014, ha introdotto delle modifiche significative al Decreto del 4 maggio 1999.
Queste modifiche riguardavano l'individuazione degli Stati e dei territori con regimi fiscali privilegiati.
Gli Stati identificati come aventi una fiscalità privilegiata ai fini dell'IRPEF, secondo le modifiche apportate da tale decreto, sono quelli elencati nell'articolo 1 del Decreto Ministeriale che riportiamo di seguito.
Per quanto concerne la Svizzera, è importante notare che con la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale del Decreto emanato dal Ministero dell'Economia il 28 luglio 2023, il Paese sarà rimosso dall'elenco a partire dal 2024.
Ciò comporterà delle "Implicazioni della rimozione della Svizzera dalla lista nera".
È rilevante sottolineare che l'elenco dei paesi sopra menzionato rappresenta anche il riferimento per la compilazione del quadro RW riguardante la detenzione di attività patrimoniali e finanziarie in paesi non cooperativi.
Tale obbligo riguarda individui, entità non commerciali e società semplici.
Una breve analisi delle casistiche
L'articolo 1, comma 142 della Legge n. 208/2015 ha apportato modifiche all'articolo 167, comma 4, del DPR n. 917/86.
Questa modifica ha introdotto un nuovo criterio per identificare gli Stati o territori con un regime fiscale privilegiato.
Contestualmente, è stato abolito il sistema delle Liste Nere per quanto riguarda la disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFC).
In maniera affine, sono stati abbandonati i regimi che facevano riferimento alle Black List per i dividendi esteri e le plusvalenze derivanti da partecipazioni estere.
Quindi, è stato abbandonato il sistema di elencazione dettagliata degli Stati o territori con fiscalità privilegiata, per passare a un criterio di identificazione univoco stabilito dalla legge.
Questo criterio si basa sulla presenza, nello Stato di residenza o di localizzazione della società controllata, di un livello nominale di tassazione inferiore al 50% di quello applicabile in Italia.
L'introduzione di questo criterio è stata influenzata dalle raccomandazioni dell'OCSE contenute nell'Action 3 del progetto BEPS.
Per chiarire ulteriormente, è importante notare che il livello nominale di tassazione, per quanto riguarda il regime fiscale generale di uno stato, deve essere paragonato all'aliquota nominale di imposizione delle società.
Questo confronto tiene conto delle regole per il calcolo della base imponibile, poiché queste regole potrebbero portare a un livello di tassazione effettiva notevolmente inferiore.
Per quanto riguarda il criterio di determinazione della tassazione, la Circolare n. 51/E/10 ha spiegato che il livello di tassazione per identificare gli Stati "White List" (in opposizione agli Stati "Black List") si basa sul confronto tra la tassazione effettiva all'estero e quella teorica interna.
Questo confronto considera esclusivamente le imposte sul reddito e si basa, se esiste, sulla Convenzione per evitare le doppie imposizioni in vigore con lo Stato estero, includendo sempre l'Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP).
In assenza di una Convenzione con lo Stato estero, si prendono in considerazione solo l'Imposta sul Reddito delle Società (IRES) e le relative addizionali a livello nazionale, e sul fronte esterno, le imposte corrispondenti sul reddito, indipendentemente dall'ente riscossore.
Oltre alla disciplina fiscale relativa alle black list dei paesi, esiste anche una disciplina all'interno dell'Unione Europea (UE) che ha deciso di istituire una lista di paesi considerati non collaborativi dal punto di vista fiscale.
L'UE si impegna da tempo a migliorare la governance in materia fiscale a livello internazionale.
I ministri delle finanze dell'UE continuano a aggiornare regolarmente l'elenco UE delle giurisdizioni fiscali non cooperative attraverso un processo di analisi dettagliata e dialogo guidato dalla Commissione Europea.
Questo elenco si è dimostrato altamente efficace, poiché molti paesi hanno modificato le proprie leggi e sistemi fiscali per conformarsi alle norme internazionali.
La Commissione Europea ha valutato 92 paesi utilizzando tre criteri principali:
Trasparenza fiscale.
Buona governance.
Attività economica reale.
Oltre a questi criteri, è stata valutata anche l'esistenza di un'aliquota dell'imposta sulle società pari a zero.
Di seguito è riportata l'elenco aggiornato delle giurisdizioni fiscali non cooperative nell'Unione Europea.
Questa lista UE delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali rappresenta uno strumento prezioso nella lotta contro:
La frode fiscale ed evasione fiscale: il mancato pagamento o il pagamento parziale delle imposte in violazione delle leggi fiscali.
L'elusione fiscale: l'uso di mezzi legali per minimizzare gli obblighi fiscali.
Il riciclaggio: il tentativo di nascondere l'origine di capitali ottenuti illegalmente.
Lista UE delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali
Si tratta di una lista di paesi che si trovano al di fuori dell'Unione Europea e che promuovono pratiche fiscali abusive, contribuendo a erodere le entrate fiscali degli stati membri dell'UE derivanti dalle attività delle imprese.
Attualmente, la lista adottata dal Consiglio dell'Unione Europea il 14 febbraio 2023 comprende i seguenti 16 Stati:
1American Samoa
2Anguilla
3Bahamas
4Fiji
5Guam
6Palau
7Panama
8Samoa
9Trinidad and Tobago
10Turks and Caicos Islands
11US Virgin Islands
12Vanuatu
13Isole Vergini britanniche
14Costa Rica
15Isole Marshall
16Russia
L'elenco dell'Unione Europea ha avuto un impatto significativo sulle pratiche fiscali a livello globale, risultando in cambiamenti che sarebbero stati difficili da immaginare solo pochi anni fa. Questa lista, ideata dalla Commissione Europea e concordata dagli Stati membri nel dicembre 2017, rappresenta uno strumento comune per affrontare i rischi legati all'abuso fiscale e alla concorrenza fiscale sleale a livello internazionale.
È importante notare che la lista nera dell'Unione Europea non ha valore coercitivo diretto.
In altre parole, i 15 paesi che vi sono inclusi non possono ricevere aiuti dall'Unione Europea, a meno che si tratti di aiuti allo sviluppo.
Va comunque detto che imprese e individui possono continuare a operare con questi paesi senza rischiare sanzioni a livello europeo.
La Commissione Europea, tuttavia, incoraggia gli stati membri a implementare sanzioni più rigorose se lo ritengono necessario.
In questi casi, uno stato può contrastare un paradiso fiscale stabilendo una tassa su tutte le transazioni economiche che provengono o vanno verso quel paese, o imponendo controlli fiscali più stretti su privati e aziende che vi fanno affari.
Deducibilità costi black list collegata alla lista delle giurisdizioni non cooperative della UE
L'articolo 22 della Legge di Bilancio 2023 reintroduce la disciplina sulla deducibilità limitata dei costi rientranti nella cosiddetta "black list".
Questa disposizione modifica l'articolo 110 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) in relazione alla deducibilità delle spese sostenute per transazioni effettuate con imprese o professionisti residenti o localizzati in Stati considerati "non cooperativi" ai fini fiscali.
Secondo le nuove disposizioni, le spese considerate "black list" saranno rilevanti ai fini fiscali seguendo le regole ordinarie per la determinazione del reddito d'impresa, ma con alcune limitazioni.
Sarà perciò ammessa la deduzione delle spese black list fino all'importo corrispondente al valore normale dei beni o dei servizi acquistati, calcolato conformemente all'articolo 9 del TUIR.
Ciò significa che se il costo è uguale o inferiore al valore normale del bene o del servizio, l'intero importo sarà deducibile.
Se il costo invece supera il valore standard, solo l'importo fino a concorrenza del valore standard sarà deducibile.
Eventuali costi eccedenti, rispetto al valore, potranno essere dedotti dal reddito d'impresa del soggetto residente solo se dimostrato che tali operazioni sono effettivamente motivate da un interesse economico legittimo e sono state eseguite in modo concreto.
L'aspetto rilevante di questo articolo è che per determinare quali paesi siano considerati "non cooperativi" ai fini fiscali, si farà riferimento alla cosiddetta "black list dell'Unione Europea". Questa lista di paesi non collaborativi dell'UE sarà la base per identificare le fatture ricevute che dovranno soddisfare i requisiti di deducibilità e che dovranno essere dichiarate separatamente nel calcolo dei redditi.
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