LA GRANDE “SCOMMESSA” DI WARREN BUFFETT SULLA CINA
- Star Consulting

- 27 ott
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 6 giorni fa

Quando si parla di visione imprenditoriale di lungo periodo, pochi casi recenti sono istruttivi quanto l’operazione di Warren Buffett su BYD, il costruttore cinese di batterie e veicoli elettrici. Nel 2008, in piena crisi finanziaria globale, la Berkshire Hathaway di Buffett acquistò circa 225 milioni di azioni BYD, pari a quasi il 10% della società, pagando circa 230 milioni di dollari complessivi (circa 8 dollari di Hong Kong per azione).
Questa scelta fu considerata, all’epoca, altamente controcorrente: BYD era vista come una scommessa industriale cinese sul futuro delle batterie e dell’elettrico, non come un colosso maturo.
Quell’investimento è diventato uno dei capitoli più profittevoli nella storia delle partecipazioni estere di Berkshire.
Nel punto di massimo valore la quota BYD sfiorava i 9 miliardi di dollari, con un incremento di oltre il 3.800% rispetto al costo iniziale stimato.
In altri termini, un capitale iniziale dell’ordine delle centinaia di milioni è stato moltiplicato per decine di volte in poco più di una quindicina d’anni.
Per un imprenditore, questo dato non è solo spettacolare.
È la dimostrazione aritmetica di cosa significa avere ragione sul futuro di un settore e saperci restare abbastanza a lungo da incassarne la maturazione.
Il contesto: perché BYD non era “solo un produttore di auto”
Per capire la portata strategica della scelta bisogna spostare lo sguardo su BYD nel 2008.
BYD non era soltanto un marchio automobilistico emergente.
Era una società con una competenza verticale sulle batterie, tecnologia critica in ogni filiera elettrica: telefoni, accumulo energetico, e soprattutto mobilità.
BYD stava già lavorando su veicoli elettrici e ibridi con un approccio integrato, producendo internamente buona parte dei componenti chiave invece di affidarli a fornitori esterni.
Questa integrazione verticale riduceva i costi e aumentava il controllo tecnologico, cioè costruiva un vantaggio competitivo difficile da replicare su scala globale.
Questa non è casualità.
È coerente con il metodo di Buffett e del suo socio storico Charlie Munger: cercare aziende che abbiano un “moat”, un fossato difensivo fatto di know-how proprietario, capacità produttiva unica e leadership tecnica, in mano a un management considerato affidabile e ossessionato dall’efficienza operativa.
Nel caso BYD, la figura centrale era (ed è) Wang Chuanfu, fondatore e ingegnere di formazione, capace di guidare l’azienda dalla produzione di batterie alla costruzione di veicoli elettrificati destinati prima al mercato cinese e poi all’export.
Dalla visione alla scala globale
I numeri industriali raccontano perché questa tesi ha funzionato.
BYD ha progressivamente trasformato la propria presenza domestica in una piattaforma globale dell’elettrico e dell’ibrido.
Nel 2024 l’azienda ha venduto circa 4,27 milioni di veicoli, di cui circa 1,76 milioni completamente elettrici, consolidando il proprio ruolo tra i leader mondiali dell’auto a nuova energia.
A fine 2024, BYD ha comunicato ricavi intorno ai 107 miliardi di dollari, superando per la prima volta Tesla sul fronte dei ricavi annuali (Tesla era nell’ordine dei 97-98 miliardi di dollari nello stesso periodo), segnale di come la scala produttiva cinese, se ben organizzata e spinta su margini bassi ma volumi altissimi, possa ribaltare gerarchie considerate intoccabili fino a pochi anni fa.
Questa espansione ha avuto due effetti.
Primo: ha validato l’ipotesi originaria di Buffett, cioè che l’elettrificazione dell’auto non fosse una moda ma un cambiamento strutturale, e che la Cina sarebbe stata uno dei centri di gravità di questo cambiamento.
Secondo: ha trasformato la partecipazione in BYD in una “macchina di rendimento” per Berkshire Hathaway, con ritorni stimati nell’ordine di multipli a due cifre rispetto al capitale di partenza.
L’uscita: perché chiudere una posizione che stampa profitti
Nel primo trimestre del 2025 Berkshire Hathaway ha comunicato di aver azzerato la partecipazione in BYD.
In pratica, dopo aver iniziato a ridurre la quota nel 2022 e averla portata sotto il 5% nel 2024, Buffett ha venduto le ultime azioni, segnando la fine ufficiale di un investimento durato 17 anni. Nel filing interno la posizione BYD risultava già a valore zero al 31 marzo 2025, contro i 415 milioni di dollari ancora iscritti a fine 2024.
La notizia ha pesato in Borsa: il titolo BYD a Hong Kong ha perso intorno al 3% nella seduta successiva, perché il mercato ha letto l’uscita di Berkshire come un segnale psicologico negativo per l’intero settore dell’elettrico cinese.
Qui sta un punto cruciale per chi costruisce impresa.
L’uscita non è una smentita della tesi industriale originale.
È gestione del rischio.
Per Berkshire, restare azionisti significava essere esposti a una guerra di prezzi feroce nell’elettrico cinese, margini sotto pressione, obiettivi di vendita tagliati (BYD nel 2025 ha ridotto le proprie stime di consegne da 5,5 a 4,6 milioni di veicoli), e un contesto geopolitico in cui l’auto cinese è sempre più nel mirino di dazi e indagini internazionali.
Per un grande allocatore di capitale globale, sapere uscire prima che il ciclo entri nella fase matura e ipercompetitiva è disciplina, non pessimismo.
Charlie Munger definì BYD “la migliore cosa che io abbia mai fatto per Berkshire”, riconoscendo che l’idea iniziale di puntare sull’azienda cinese fu anche frutto del suo impulso personale.
Questo dettaglio è rilevante: anche un colosso come Berkshire non ragiona in termini ideologici (Cina sì, Cina no) ma in termini di tesi d’investimento concreta proposta da persone credibili, validata dai numeri industriali e poi monetizzata senza innamorarsi dell’asset.
Tre lezioni operative per chi sta costruendo azienda oggi
Capire la struttura, non l’hype. Buffett non ha comprato “un sogno elettrico”.
Ha comprato una capacità produttiva specifica: batterie e integrazione industriale, in un mercato enorme e in crescita.
Questo è molto diverso dal rincorrere la narrativa del momento.
Un imprenditore che oggi guarda all’intelligenza artificiale, all’energia o alla robotica deve chiedersi: qual è il pezzo concreto della catena del valore in cui posso costruire un vantaggio reale e difendibile
Pensare in orizzonte pluriennale. Il valore non è esploso nel 2009 o nel 2010.
È esploso quando BYD è passata da “promessa tecnologica cinese” a piattaforma industriale globale capace di consegnare milioni di veicoli l’anno e oltre 100 miliardi di dollari di fatturato.
Questo richiede fiato lungo, capacità di reinvestire utili e sangue freddo quando il mercato è scettico.
Sapere uscire. Molti imprenditori sanno entrare.
Pochi sanno uscire.
Berkshire ha liquidato l’intera posizione BYD dopo aver massimizzato la curva di rendimento e prima che la compressione dei margini nel settore elettrico cinese diventasse strutturale. Questo è capitale che torna disponibile per altre operazioni.
Il denaro liberato da un investimento maturo è carburante per il prossimo ciclo di crescita.
Il caso BYD non è la storia romantica dell’intuizione geniale di un singolo miliardario.
È la storia di una tesi industriale chiara, sostenuta da persone competenti, coltivata con pazienza per quasi due decenni e chiusa con disciplina quando il rapporto rischio/rendimento ha iniziato a inclinarsi.
Per un imprenditore questo è un messaggio operativo, non motivazionale.
Individua un settore dove hai reale conoscenza tecnica e dove il mercato sta cambiando in modo strutturale, costruisci vantaggio interno invece di dipendere da fornitori che possono alzare i prezzi, scala finché quel vantaggio è raro e riconosci quando il mercato inizia a saturarsi.
Non serve essere il prossimo Warren Buffett.
Serve ragionare come un allocatore di capitale e non solo come un produttore di fatturato.
























